Parafulmini radioattivi
Il parafulmine o impianto di protezione contro le scariche atmosferiche è un dispositivo che serve per ridurre significativamente la probabilità di danni ad una struttura nel caso in cui quest’ultima venga colpita da un fulmine. Il parafulmine è costituito da un’asta metallica (generalmente di ferro) disposta verticalmente sul punto più alto dell’oggetto da proteggere. La punta esposta del parafulmine è generalmente composta di rame od ottone e rivestita di una sottile pellicola dorata per proteggerla dall’ossidazione ed impedirne la diminuzione delle proprietà di conduttore. Completano il dispositivo una fune metallica conduttrice (preferibilmente un cavo di rame) che collega il parafulmine per la via conduttrice a minore resistenza elettrica (il cavo appunto) alla così detta “terra”, costituita a sua volta da piastre o tubi di rame o di acciaio zincato (sempre per prevenirne la corrosione) infossati nel terreno e collegati possibilmente a loro volta a condutture presenti nella zona (generalmente acqua od elettricità) che ne aumentano la dispersione elettrica e quindi l’efficacia. Queste ultime parti prendono il nome di dispersore per il fatto che la loro funzione è quella di disperdere la corrente elettrica convogliata sul parafulmine dalla scarica di un fulmine sull’oggetto.
Il parafulmine radioattivo possiede le punte delle aste ricoperte di sostanze radioattive che ionizzano l’aria circostante creando uno stato di plasma e quindi una via preferenziale al passaggio di corrente (minore resistenza) rispetto all’aria circostante, aumentando la probabilità di scarica.
L’inserimento del materiale radioattivo era obbligatorio per la normativa UNI-CEI precedente il 1981, mentre dal 2000 è di obbligo lo smaltimento dei parafulmini radioattivi finora installati poichè cominciavano ad affiorare valutazioni contrarie all’auso di sorgenti radioattive che costituiscano un rischio indebito per la popolazione.
Il pericolo dei parafulmini radioattivi è il danneggiamento a seguito di scariche elettriche, ossidazione di parti metalliche, usura dovuta agli agenti atmosferici, e la dispersione di polveri di materiale radioattivo portate dall’aria anche a grandi distanze.
I radionuclidi utilizzati erano principalmente: il Bismuto 214, il Radio 226, Americio 241.
Ad oggi non tutti i parafulmini radioattivi sono stati rimossi, la campagna di smaltimento è ancora in corso. I costi elevati e la mancanza di documentazione e la conoscenza del problema da parte di chi li usa, rallentano molto le operazioni di bonifica.
In Toscana ce ne sono ancora circa 300 installati prevalentemente sui campanili delle chiese ed è abbastanza difficile distinguerli da quelli non radioattivi.
Radiometrics srl offre servizi per eseguire le rilevazioni e consulenze per le operazioni di bonifica a carico dei proprietari.